L’Alzheimer non è un gioco, è una malattia mortale e ancora misteriosa. Non sono infatti state bene identificate le cause di questa patologia degenerativa delle cellule celebrali. Si sa invece che sta colpendo un numero sempre crescente di persone. Ogni anno si registrano circo 10 milioni di nuovi casi e la maggioranza dei pazienti ha più di 65 anni. È una malattia insidiosa perché i primi sintomi possono essere facilmente scambiati come normali segnali di invecchiamento o di stress e pertanto è quanto mai indispensabile riuscire ad effettuare una diagnosi precoce. Finora la ricerca si è mossa piuttosto lentamente perché i tradizionali mezzi diagnostici ( imaging biomedico e test cognitivi) oltre ad essere costosi richiedono molto tempo.
Il tempo è quanto di più prezioso possa esserci nel condurre una ricerca scientifica ed è un bene inestimabile di cui, però, percepiamo il reale valore solo quando lo abbiamo perso. Nel caso dell’Alzheimer, nelle sue fasi più avanzate , la percezione del tempo è completamente alterata. I pazienti affetti da questa patologia vengono letteralmente derubati del loro passato e purtroppo anche del loro futuro, vedendosi ridurre la propria aspettativa di vita soli sei anni la loro aspettativa di vita dopo la diagnosi. La progressiva perdita della memoria a breve termine è uno degli indicatori principali del morbo di Alzheimer nella sua fase iniziale, ma col progredire della malattia , si arriva a dimenticare anche episodi significativi della propria infanzia e a non riconoscere più persino i propri cari. La lotta all’Alzheimer quindi è in tutto e per tutto una lotta contro il tempo.
Un altro fattore fondamentale nell’individuazione dell’insorgere del morbo è la progressiva riduzione delle proprie capacità di orientamento nello spazio. Ciò che ancora si è ancora riuscito a scoprire è come questo processo deficitario avvenga; in altre parole, non abbiamo ancora un’idea precisa di come le persone sane facciano uso delle proprie capacità di orientamento quando si perdono. Pertanto nei pazienti con problemi di disorientamento non si può stabilire se essi siano effettivamente imputabili alla demenza o semplicemente a delle scarse capacità di orientamento spaziale di base.
Per accelerare i tempi della ricerca , agli inizi di maggio di quest’anno un’equipe di ricercatori della London University college e della Universiy of East Anglia ha lanciato un gioco per smartphone che consente di raccogliere informazioni preziose per una diagnosi precoce e per il monitoraggio su scala mondiale della malattia . Si chiama SeaHero Quest, è scaricabile gratuitamente da internet e porta via soli due minuti di tempo. È ambientato nel mondo marino, funziona per livelli crescenti di difficoltà e consiste in una serie di esercizi di memoria e orientamento. Al termine del gioco i risultati vengono inviati in forma anonima al centro che sta conducendo la ricerca. La brillante idea di questo gioco nasce proprio dalla necessità di avere degli standard di riferimento sul comportamento di orientamento spaziale della popolazione sana su scala mondiale per poter intervenire quantomeno sulla qualità della vita dei soggetti affetti dalla patologia. Comprendendo come le persone sane si orientano e si perdono e , soprattutto, riuscendo a stabilire se ci sono dei pattern sistematici nella perdita delle capacità di orientamento con l’avanzare dell’età permetterà di far vivere i pazienti affetti da Alzheimer in ambienti più adatti a loro, in cui il loro senso di orientamento possa preservarsi il più a lungo possibile.
Il gioco online effettivamente è la via migliore per ottenere questo tipo di informazioni poiché ricorre alla realtà virtuale ed è accessibile a tutti a livello globale. I primi risultati sono stati sorprendenti: con circa 2, 4 milioni di download si sono ottenute informazioni che, stando a quanto affermano i ricercatori, avrebbero altrimenti richiesto 9400 ore di laboratorio. Dedicare due minuti del proprio tempo per giocare a SeaHero Quest vuol dire quindi dare un reale valore al proprio tempo e anche a quello di chi ogni giorno perde frammenti del suo. Non facciamoci pregare, ma contribuiamo alla ricerca.